La mostra Rainbow potrà essere visitata dal 17 febbraio al 2 luglio al MUDEC di Milano. Il claim che accompagna questa esposizione, Colori e meraviglie fra miti, arti e scienza, coglie egregiamente la parte visibile della mostra.
Ma il sottotesto e l’ambizioso progetto del MUDEC sono comprensibili soltanto in parte. La mostra potrebbe apparire troppo concentrata: due sale vedono numerose correnti artistiche di epoche diverse miscelarsi in maniera dolce, ma nessuna esplode come tema principale.
Dovrebbe essere sottolineata maggiormente la connessione con l’opera #OneLove (un parallelepipedo in plastilina, con un quadrato bianco e nero dentro a una bandiera arcobaleno) dell’ignoto collettivo di artisti che si fa chiamare Norma Jeane, che ha in un certo senso iniziato Rainbow.
Quest’opera ha incoraggiato i visitatori a smontarla, creando un’autorialità decentralizzata ed evidenziando quanto l’arte sia sempre più un processo soggettivo. Rainbow al contrario inizia con delle riflessioni sull’argomento del colore che hanno un tono estremamente scientifico, parlando di fisica e rasentando per quanto possibile l’oggettività.
Dalla logica della scienza di strumenti che permettono di vedere la luce e come questa si possa scomporre in un arcobaleno, si passa a guardare opere d’arte geometriche, ispirate agli studi degli strumenti stessi. L’arte modernista, Giacomo Balla, Frank Stella e gli studi sui colori della Bauhaus vengono ripresi dalle opere di Shūsaku Arakawa, che scompone la realtà in sistemi di segni semplificati.
Da qui veniamo introdotti a opere della mesoamerica precolombiana e all’interessante cambio di accezione dell’arcobaleno, visto come sinonimo di morte: l’arcobaleno è visto in queste culture come un ponte tra il nostro mondo e l’aldilà, è una strada invisibile che permette alle anime dei morti di accedere all’aldilà.
La mostra è stata ispirata da The Rainbow Show, la rassegna organizzata a San Francisco nel 1975 che ha parlato di integrazione razziale in modo molto moderno a un pubblico che, immerso nella società che viveva il clima della guerra fredda, ha apprezzato enormemente l’esposizione.
Rainbow è breve ma ben disposta, ordinata e molto differenziata; se guardata con il giusto sguardo, rende chiarissime le intenzioni del MUDEC per il futuro: connettersi e collaborare con i musei civici della città, per riuscire a creare mostre decentrate che raccontino i temi più complessi del mondo dell’arte da diversi punti di vista.
Una delle prime attivazioni di questa collaborazione saranno gli eventi in collaborazione con il Planetario e il Museo di Storia Naturale, che racconteranno del nostro rapporto con luce e colori con una lente diversa.