“Ti amo come un pazzo”: Mina canta per tutti

L’ultimo album di Mina, prodotto da PDU Music, rinnova la tradizione che lei stessa ha contribuito a creare.

L’accelerazione che ha subito l’industria musicale da Napster in avanti è senza precedenti. Se nel passato il sogno dei musicisti era riuscire a sentire i propri brani suonare da una radio, oggi ogni artista vuole e deve sfruttare i momenti in cui genera un trend sui social media, sperando che quei quindici secondi di una sua canzone arrivino a impressionare il grande pubblico.

Mina cerca ancora di creare e produrre musica che guardi al futuro, senza dimenticarsi di portare rispetto a un passato che ha fortemente contribuito a costruire; insieme all’etichetta PDU Music che ha fondato con suo padre, Giacomo Mazzini, e il suo primo figlio, Massimiliano Pani: le pubblicazioni dell’etichetta vengono fatte in numerosi formati tra cui NFT, vinili e nastri analogici, riuscendo a soddisfare le richieste di tutti.

Questa necessità c’è perché Mina, in carriera, ha parlato con tutti.

Sicuramente sfruttare spesso il tema dell’amore come fil rouge in molti dei suoi dischi le ha permesso di toccare tanti (chi di noi non sa cosa vuol dire amare?), ma è anche il taglio originale con cui tratta argomenti “banali” che la distingue.

L’amore che Mina ha per la musica si rivela nelle dodici tracce, nei loro diversi generi (variano tra jazz, gospel, blues e pop contemporaneo) e nella voglia di mettersi in gioco, senza aver paura di mostrarsi per chi si è veramente.

Uno step importante è la collaborazione con Blanco, che fa emergere una necessità urgente, quella di fare musica guardando il talento delle persone che ha di fronte, più che la loro età o la scuola musicale da dove provengono. La differenza di oltre 60 anni tra i due si assottiglia sulla base che, pur rimanendo molto “minesca”, ha un sound contemporaneo.

E anche lì Mina è a suo agio, in un suono pop su cui non si era mai fatta sentire prima, grazie alla sua agilità vocale che le fa cantare senza sforzi sia registri medio bassi che alti.

La sua poliedricità non si limita alla voce ma si espande agli ambiti che racconta: in maniera molto simpatica ne L’orto canta di frutta e verdura divertendosi come fosse sulle note di Le mille bolle blu, quattro brani dopo una lettera d’amore cantata in napoletano e indirizzata a Dio, Don Salvato’, scritta da Enzo Avitabile.

Un brano particolarmente struggente è Zum pa pa, il cui autore è l’attore Alessandro Baldinotti, che racconta in maniera evocativa la realtà del circo mentre mette in dubbio i desideri umani, i sentimenti e, indirettamente, l’amore stesso.

A livello di contenuti l’album riesce a soddisfare tutti i gusti, rievocando ogni sfaccettatura della miglior Mina: sei brani più cupi e sei più leggeri, tutti legati dal tema fondamentale dell’amore. Un amore che, come si può capire anche dal titolo al maschile, non guarda in faccia nessuno, un amore incondizionato simile a quello che ha la cantante per la musica.

Attendere tanto tempo l’uscita di un disco spesso fa male a un fan, che vorrebbe ascoltare l’artista preferito anche nel sonno. Però, spesso, è un buon segno: in questo caso, Mina non ha esitato a concedersi diversi anni per trovare l’ispirazione e produrre un album, ma con questo è riuscita a entrare in sintonia con tanti generi musicali, artisti (che siano cantanti o autori), umori e amori, una compilation che certifica come la creatività, soprattutto dopo 60 anni di carriera, non sia scontata ma si possa comunque ottenere.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Generazione Metaverso: due chiacchiere con Edoardo Di Pietro, primo laureato nel Metaverso

Next Story

Glaze: l’arma contro le IA generative

Latest from News